Dopo 4 anni dal non eclatante Hard Candy e una lunga pausa dovuta ai lavori cinematografici, Madonna è pronta a tornare sulla scena musicale con un album eclettico, moderno e puramente pop.
In questi ultimi anni si è parlato molto della sua posizione di Regina del Pop, messo in discussione da diversi astri nascenti del mercato mainstream, dove hanno un seguito impressionante, grazie anche ai Social Network e YouTube. La vecchia Madonna è di un’altra classe: negli anni ’80 non si era aggiornati su ogni “status” delle pop-star su Facebook, e i video erano trasmessi in tv (se non erano da censura), quindi è piuttosto dura per una donna ultracinquantenne farsi spazio nello scenario odierno tra le diverse wannabe e i greggi di fan appena adolescenti.
Madonna cerca di farlo nel miglior modo possibile, interpellando Santi, nuovi collaboratori, sviscerando il suo passato e la condizione di madre single, costruendo un album pop nel vero senso del termine, che accontenterà i suoi fan più giurassici come anche la nuova generazione.
GIRL GONE WILD: apre l'album un brano dell’italiano Benny Benassi e cugino Ale, che già vantano una collaborazione con Madonna per il remix del singolo “Celebration”. Ed è proprio da quel remix deriva “Girl Gone Wild”: stesso incipit, struttura, e suoni (se così vogliamo chiamarli). Anche le strofe della canzone ricordano molto la struttura di “Celebration”, mentre il ritornello è il pezzo forte: accattivante, di facile presa, forse uno dei ritornelli più catchy che Madonna abbia mai costruito. Con produttori del genere però, il rischio di creare qualcosa di truzzo è dietro l’angolo, e ci si sbatte di petto in questo caso: la canzone farà storcere il naso ai più, ricordando magari quanto potente e godibile fossero la vecchia “Hung Up” o “Get Together”. Una chicca è l’intro della canzone dove Madonna riprende la sua versione dell’atto di dolore (già recitato in “Act of Contrition” da Like a Prayer) e si scusa con Dio per essere così peccaminosa, sperando un giorno di essere buona (ma nel frattempo se la spassa alla grande). Voto: 7/10
GANG BANG: se la canzone di partenza aveva fatto presagire un album stile Britney-Rihanna, la seconda traccia ve lo farà dimenticare. Grazie a William Orbit e The Demolition Crew alla produzione, e Mika (sì, proprio lui di “Relax, Take it Easy”) come co-autore del testo, “Gang Bang” è uno dei pezzi più sconvolgenti di Madonna dai tempi di Music e Confessions On a Dancefloor: sfacciato ma non volgare (anche se ripete “bitch” tipo 12 volte), potente ma non truzzo, dark ma non angosciante, minimal ma non banale, insomma la canzone colpisce come un proiettile, soprendendo fino alla fine quando Madonna urla con menefreghismo che ucciderebbe “ancora e ancora e ancora” chi l’ha ferita, con rabbia e una voglia pazza di vendetta, come in un film di Tarantino, tra effetti sonori di motori a tutto gas e pistole alla mano. Voto: 8,5/10
I’M ADDICTED: ancora i cugini Benassi alla mano, e stavolta stupiscono. Forse pecca di sovraproduzione (ci sono così tanti suoni da scatenare crisi epilettiche nei soggetti a rischio) ma la canzone è una droga, come dice nel testo. Spirali elettroniche e loop replicati all’infinito rendono Madonna dipendente dall’amore, e lo spelling M-D-N-A ripetuto a oltranza, rende chiunque “addicted” a questa canzone. Voto: 7/10
TURN UP THE RADIO: finalmente la prima canzone di Martin Solveig, il primo produttore ingaggiato per l’album. La canzone era già stata offerta alle Sunday Girl, ma ripiegata poi a Madonna. Qui già dall’inizio ci si rende subito conto della presenza di Solveig, perché la canzone è una brutta copia di “Hello”, suo successo più popolare. Il testo è banale e la canzone annoia sul finale, continuando invariata per tutta la durata. Come sempre il ritornello merita, ma non riesce a salvare l’intera canzone come per “Girl Gone Wild”. Voto: 5,5/10
GIVE ME ALL YOUR LUVIN’: il primo singolo estratto da MDNA è forse la traccia più stupida dell’album. Con Nicki Minaj e M.I.A. (totalmente inutili) ai cori e Madonna che si atteggia come un’adolescente, degna della peggior Katy Perry o Avril Lavigne, è sicuramente il peggior singolo della sua carriera. Tamburelli e cori da cheerleader tuttavia hanno l’obiettivo di rendere l’atmosfera più spensierata, ma terribilmente superficiale. Voto: 6/10
SOME GIRLS: Questa volta è di nuovo il turno di Orbit come produttore, deludendo notevolmente. Perché se in Ray Of Light aveva permesso a Madonna di fare un mea-culpa generale in versione new-age con una dance però non indifferente, qui difficilmente lo si riconosce. Un po’ di Bionic della Aguilera, un po’ di The Fame di Gaga e tanto becero electropop . Il testo ancora una volta è insufficiente, e la voce di Madge è forse troppo storpiata col vocoder, tanto da renderla urticante. Voto: 5,5/10
SUPERSTAR: Madonna torna alla spensieratezza, cantando al suo amore come se fosse una star del cinema o un personaggio storico citando Al Capone e l’imperatore Cesare. Una canzone da cotta di terza media, non a caso la figlia Lola partecipa ai cori. Ma non convince affatto. Voto: 4,5/10
I DON’T GIVE A: Dopo una serie di tracce non particolarmente convincenti che forse avranno provocato qualche sbadiglio, comincia col botto la numero 8 e si percepisce da subito che Madonna ha ben chiaro quello che vuole dire - la sua frustrazione per il matrimonio finito, essere un genitore single e avere una carriera trentennale da portare avanti. Ribadisce di infischiarsene quindi di quello che pensa la gente (come sempre d’altronde), in una sorta di rap stavolta ben riuscito a differenza di “American Life”, sarà per la presenza di Nicki Minaj che per una volta si trova al posto al giusto, nel momento giusto, senza essere eccessiva o baraccona. E le si perdona anche il “bitch” nella frase <<There’s only one queen and that’s Madonna>>. Un coro epocale chiude la canzone, lasciando una giusta senzione di “prossimo singolo”. Voto: 8/10
I’M A SINNER: I fan di Madonna avranno una sorta di nostalgia ascoltando la terza traccia prodotta da Orbit. Il sound ricorda tantissimo “Beautiful Stranger” e “Amazing”, e la nonchalance con la quale Madge invoca santi e patroni, rifacciando di essere una peccatrice, è puro stile Madonnaro. Qui ritroviamo il suo spirito dei primi anni 2000, prima che si assopisse tra “caramelle dure” e varie esperienze cinematografiche, tutto il funk di Music e la potenza di cantare ciò che le pare. <<Sono una peccatrice e mi piace in questo modo>> Voto: 6,5/10
LOVE SPENT: Ancora Orbit, che finalmente ingrana la marcia per una tripletta. L’inizio con il banjo fa sorridere, e confermare che Madonna artista non è morta, ma si sta svegliando, insieme alla voglia di sperimentare e provare qualcosa di nuovo. Vocalmente è genuina tanto da ricordare i primi album, e con una sorta di ingenuità chiede alla sua metà di stringerla <<come stringe i suoi soldi>>. Il tutto in un electropop stavolta calibrato, trasformando una possibile ballad in una midtempo non indifferente. Voto: 7,5/10
MASTERPIECE: Direttamente dalla soundtrack del suo secondo film da regista W.E., in questa traccia dal sapore retrò-malinconico, Madonna canta di un amore non impossibile, ma difficile e si chiede perché <<fa così male essere innamorati di un capolavoro>>. L’amore per l’arte lo si avverte, con metafore a quadri e al mondo artistico in generale. Unica pecca, la produzione minimalista. Orbit ci poteva regalare davvero un “capolavoro” se avesse attinto a qualcosa di più sostanzioso dal suo bagaglio, ma forse non si è voluto distrarre l’ascoltatore da quello che è forse uno dei testi più intensi di Madonna. Voto: 8/10
FALLIN’ FREE: Terza traccia di Orbit e ultima del primo cd. Come sempre Madonna ci ha abituati a fermarci e riflettere nel finale di un suo disco, e stavolta accade lo stesso. Tra archi, carillon, suoni distorti che ricordano “Drowned World”, Madonna canta con una chiarezza vocale come in Evita ancora dell’amore, ma stavolta senza paragoni adolescenziali o metafore sbilenche: il testo è ispirato, con rimandi a Dio e ai precetti della Kabbalah. Il risultato lascia senza parole, come esattamente Madonna vorrebbe che lasciasse il suo disco. Voto: 7,5/10
DELUXE
BEAUTIFUL KILLER: Cominciata subito la prima canzone della versione deluxe, si è psicologicamente preparati ad aborti musicali relegati al secondo cd per accontare solo i fan più accaniti, ma in questo caso non è così. Con una intonazione nelle prime strofe che ricorda “Die Another Day”, la traccia prodotta da un Solveig che non ti aspetti, ha un sapore di vendetta (ancora), e uno charm accattivante come la bellezza di Alain Delon (la canzone è a lui dedicata) con una sezione di archi centrale appropriata e gustosa. Il finale però ha qualcosa di triste, con un colpo di pistola che quasi stronca il brano. Voto: 7/10
I FUCKED UP: Ora è il momento di calmarsi, e magari scusarsi. Con ancora riferimenti al suo matrimonio, Madonna si rende conto di aver rovinato tutto, di aver parlato troppo forse, ma con una certa rassegnazione, consapevole magari che esattamente nel momento in cui si sta pronunciando queste parole, nella mente si sa già la risposta. Ingegnoso l’aumento del ritmo nella parte centrale, per evitare che il tutto risulti monotono e ripetitivo. E viene da chiedersi come mai anche questa traccia sia stata fatta fuori, magari sarebbe stata un buon intermezzo tra “Love Spent” e “Masterpiece”, per il suo carattere da midtempo-malinconica. Voto: 6,5/10
B-DAY SONG: Questo tipo di canzone non dovrebbe neanche esserci nella versione deluxe, per la sua idiozia. Voto: 4/10
BEST FRIEND: Sorprendono ancora i cugini Benassi, creando una canzone ancora malinconica per Madonna, con suoni elettronici odierni ma non scontati. Poco convincente verso il finale ma come traccia deluxe fa il suo dovere. Voto: 6,5/10
Ad album finito, ci si rende conto che non si può di certo urlare al capolavoro, ma neanche rimanere totalmente delusi.
Se la maggior parte intende considerare MDNA però come una buco nell'acqua, non può essere biasimata. Dopotutto Madonna aveva fatto della reinvenzione e sperimentazione le sue alleate, mentre qui si vede più un tentativo di rimanere a galla, che una cavalcata sulla cresta dell'onda. Ma può essere considerata reinvenzione anche questa: affiancarsi autori e cantanti più giovani e in voga, per capirne i maccanismi e i motivi del loro successo e sperimentando quindi i loro diversi generi musicali, come l'hip-hop o il rap.
Nell'album troviamo infatti diversi stili fusi tra loro, produttori diversi, collaborazioni diverse, cercando di amalgamare il vecchio con il nuovo, il passato e il presente (magari anche il futuro), riuscendoci con disinvoltura e incastrandosi perfettamente tra le pop-star del momento, costruendo una nuova immagine di se: una donna matura con nessuna intenzione di arrendersi e abdicare, ma anzi con l'intenzione di tenersi ben stretti scettro e corona, finchè sarà in grado. Lunga vita alla Regina.
Ad album finito, ci si rende conto che non si può di certo urlare al capolavoro, ma neanche rimanere totalmente delusi.
Se la maggior parte intende considerare MDNA però come una buco nell'acqua, non può essere biasimata. Dopotutto Madonna aveva fatto della reinvenzione e sperimentazione le sue alleate, mentre qui si vede più un tentativo di rimanere a galla, che una cavalcata sulla cresta dell'onda. Ma può essere considerata reinvenzione anche questa: affiancarsi autori e cantanti più giovani e in voga, per capirne i maccanismi e i motivi del loro successo e sperimentando quindi i loro diversi generi musicali, come l'hip-hop o il rap.
Nell'album troviamo infatti diversi stili fusi tra loro, produttori diversi, collaborazioni diverse, cercando di amalgamare il vecchio con il nuovo, il passato e il presente (magari anche il futuro), riuscendoci con disinvoltura e incastrandosi perfettamente tra le pop-star del momento, costruendo una nuova immagine di se: una donna matura con nessuna intenzione di arrendersi e abdicare, ma anzi con l'intenzione di tenersi ben stretti scettro e corona, finchè sarà in grado. Lunga vita alla Regina.
Complimenti per la recensione, è una di quelle che ricalca di più il mio pensiero.. sorprendente addirittura quando indichi i fucked up perfetta fra love spent e masterpiece, continuo a pensarlo anche io da giorni tanto che nell'i-pod l'ho piazzata lì. unica discrepanza con te, b-day song. è vero, è frivola, ma a me sembra ben costruita :)
RispondiEliminaGrazie mille :) io purtroppo B-Day non la riesco proprio ad ascoltare :S compromette il mio sistema nervoso ahhaha
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